lunedì 26 maggio 2008

Beppe Bertagnolli riconfermato presidente Istituto tutela grappa del Trentino

L'assemblea dei soci dell'Istituto Tutela Grappa del Trentino ha riconfermato all'unanimità il consiglio uscente e il suo presidente, Beppe Bertagnolli. Nel consiglio siedono quindi nuovamente Stefano Marzadro (vicepresidente), Bruno Pilzer (vicepresidente), Luigi Cappelletti, Mauro Giori, Carlo Pezzi, Alessandro Poli, Carlo Tschurtchenthaler, Rudy Zeni.

"Nonostante il leggero calo dei consumi a livello nazionale, la grappa trentina conosce un momento di successo - ha affermato Beppe Bertagnolli - Stiamo raccogliendo i frutti del meticoloso lavoro di tutela svolto negli anni passati, lavoro che ovviamente continua tuttora, in collaborazione con la Camera di Commercio di Trento e l'Istituto Agrario di San Michele all'Adige. A oggi la grappa trentina è ancora l'unica certificata in Italia".

Sempre nell'ottica di guardare al futuro e cogliere gli scenari della grappa che verrà, l'Istituto Tutela Grappa del Trentino ha iniziato la preparazione del convegno nazionale dedicato al distillato che si terrà all'inizio di dicembre.

Chi è l'Istituto Tutela Grappa del Trentino
Nato nel 1960, oggi l’Istituto conta 29 soci dei quali 21 sono distillatori e rappresentano la quasi totalità della produzione trentina. L’Istituto ha il compito di valorizzare la produzione tipica della grappa ottenuta esclusivamente da vinacce prodotte in Trentino e di qualificarla con un apposito marchio d’origine e con la dicitura “Trentino Grappa”. La produzione della grappa trentina rappresenta il 10% di quella italiana.

Fonte: Carlo Odello

Lo spumeggiante re dei prosecco



Intervistiamo il Re del proseccco che ancora una volta ha conquistato il palato degli esperti e non solo. Al Vinitaly ha presentato "Acquavite 1938" nata da uve selezionatissime e da un accurato processo di distillazione che la rende delicata e preziosa.
Un successo dovuto a quel sapere tramandato da generazioni, all'amore verso la propria terra e il rispetto delle tradizioni.

Angelo e i suoi figli. Sembrerebbe quasi il titolo di un best sellers o di un film, invece non è niente di meno che la rappresentanza dell’ultima generazione di una stirpe di vignaioli, produttori di vini straordinari, considerati i re dei Prosecco doc e Cartizze doc.. “Angelo e i suoi figli” fanno parte di quella categoria di vignaioli, che rappresenta una significativa realtà produttiva nel panorama ingegnoso ed operoso della Marca Trevigiana. La loro ultracentenaria ma modernissima azienda è collocata a Guia, in un anfiteatro collinare, a nord della Provincia di Treviso, racchiuso tra le colline prealpine, dalla Valmarena e dal Consiglio. Un piccolo paese che pare un presepe, adagiato sulle colline pedemontane orlate di boschi e dall’ incessante ricorrersi dei filari. La protezione benefica dei colli dalle correnti fredde preveniente da Nord, dona alla frazione un clima particolarmente temperato e mite, le caratteristiche climatiche e geologiche della zona hanno propiziato sin dai tempi più lontani la coltivazione della vite, e la produzione del vino che rappresenta la più grande risorsa del luogo. Non a caso già i romani, che certo se ne intendevano, lodavano accanto ai pregi del clima, i pregi del vino prodotto in questo territorio. Da allora la civiltà contadina ha affinato costantemente, lungo il corso della storia, le tecniche di coltivazione e di vinificazione di un vitigno particolare, il Prosecco, che qui ha trovato il proprio terreno di elezione, un ambiente unico ed ideale, che la tutela D.O.C. ha provveduto a difendere sin dall’aprile 1969. Un luogo dove vige un mistico silenzio, interrotto solo dai rumori della natura e dalla cordialità della gente che si incontra. Un luogo d’altri tempi, dove le ore sono ancora scandite e dove il tempo ha ancora un valore, l’ideale per chi è vittima dello stress. Basta stappare una bottiglia di “Desiderio”, uno tra i migliori prodotti di casa Bortolin, per comprendere la bontà e l’unicità del prodotto. Un vino che con la sua fragranza, racconta la storia e il territorio ma anche l’abilità, l’esperienza, l’amore e la passione per l’arte di vinificare. I Bortolin sono personaggi straordinari, spumeggianti come il vino che producono, generosi come l’aromaticità dei gusti e dei retrogusti dei loro prodotti. La loro dedizione è stata premiata con numerosissimi riconoscimenti, medaglie d’oro, gran premi, sia a livello nazionale che internazionale. Ci aprono le porte della loro azienda e ci guidano in un percorso conoscitivo tra gli impianti di produzione e le cantine. Ci spiegano che le uve vengono selezionate con estrema attenzione e avviate in cantina dove, dopo un minuzioso processo di diraspatura, un moderno sistema di pigiatura, un successivo impianto di vinificazione ed un reparto di produzione del freddo, consentono la fermentazione a temperatura costante ed una vinificazione ideale che estrae dall'uva l'anima del vino nel rispetto delle caratteristiche organolettiche proprie del vitigno. Tutto è stato attrezzato per rispondere alle più evolute esigenze produttive di vini e spumanti di gran pregio. Tranquillo, Frizzante o Spumante, il Prosecco DOC di Conegliano Valdobbiadene si riconosce per il colore paglierino leggero, per la moderata corposità, per l’esclusivo profumo fruttato e floreale. Ricordiamo, qui di seguito, qualche blasonatissima bottiglia. Il”Prosecco DOC di Valdobbiadene Spumante”, che esprime pienamente il suo carattere agile ed al tempo stesso energico ed è prodotto prevalentemente in due versioni, l’Extra Dry e il Brut. Nel primo caso, la rifermentazione si interrompe quando ancora rimane una piccola percentuale di zuccheri, nel secondo, è condotta quasi alla fine in modo che lo Spumante diventi più secco e asciutto. Il “Prosecco DOC di Valdobbiadene Spumante Brut”, è il Prosecco più moderno ed ha un grande successo internazionale. Si caratterizza per profumi più ricchi di sentori di agrumi e di note vegetali, che si accompagnano con una piacevole nota di crosta di pane, unita ad una bella e viva energia gustativa. Il perlage fine, assicura la persistenza del sapore e la pulizia del palato, rendendolo a tavola, lo spumante per eccellenza. Da apprezzare servito a 7-9° C su antipasti di pesce e verdure anche elaborati, primi con frutti di mare e piatti di pesce al forno o, come è in uso nella zona di produzione, a tutto pasto.
Il “Prosecco DOC di Valdobbiadene Spumante Extra dry”, è il Prosecco “classico”, la versione che combina l’aromaticità varietale con la sapidità esaltata dalle bollicine. Il colore è paglierino brillante ravvivato dal perlage. L’aromaticità è fresca e ricca di profumi di frutta, mela, pera, con un sentore di agrumi che sfumano nel floreale. In bocca il vino è morbido e al tempo stesso asciutto grazie ad una acidità ben presente. Ottimo come aperitivo, è ideale servito ad 8-10° C, su minestre di legumi e frutti di mare, paste con delicati sughi di carne, formaggi freschi e carni bianche soprattutto pollame. Il “Prosecco DOC di Valdobbiadene Spumante Dry “Desiderio”, un perfetto suggello ai momenti belli della vita. Già il colore rimanda ad una maggiore intensità, che si manifesta con una complessità di profumi invitanti ed ampi, dalla mela alla pera, dall’albicocca agli agrumi, alla rosa, con una gradevole nota di mandorle glassate al retrogusto. Questo spumante si accompagna ai dolci della tradizione, dalla pasta frolla alle crostate di frutta e alle focacce.Ottimo non solo alla fine di ogni pranzo importante, ma per ogni brindisi augurale, per rendere più festosa ogni cerimonia. E infine ecco il re dei re, il “Prosecco DOC di Valdobbiadene Spumante Cartizze”. Il Cru della Doc di Valdobbiadene si chiama Cartizze, vino ottenuto dalle uve coltivate in un piccolissimo fazzoletto di terra denominato appunto terra di Cartizze. Vino morbido e vellutato, dai sentori freschi di fiori e frutta. Ottimo alle situazioni e occasioni più importanti va servito ad una temperatura di 10° per esaltarne tutte le peculiarità.
Proprio in questi giorni i figli di Angelo e i loro pregiatissimi vini saranno al celebre Vinitaly, dove presenteranno un prodotto d’eccezione,
“ACQUAVITE 1938". L’acquavite nasce da uve selezinatissime di casa Bortolin e da un accurato processo di distillazione che la rende delicata e preziosa. Questo prodotto è dedicato proprio ad Angelo, che della sua azienda ne ha fatto, il “re” del Prosecco doc, e ha saputo tramandare con passione il suo sapere alle nuove generazioni, che hanno appreso non solo l’arte di vinificare ma anche la modestia e l’umiltà, doti rare che distinguono i “Grandi”.
da: liberoreporter.it

venerdì 16 maggio 2008

Barman Italiano Trionfa al 12 Trofeo Internazionale ''Calvados Nouvelle Vougue''

Samuele Ambrosi si è recentemente imposto nella categoria “Barman Professionisti” del 12° Trofeo Internazionale “Calvados Nouvelle Vogue”, svoltosi a Deauville, in Normandia.
Il barman italiano Samuele Ambrosi si è recentemente imposto nella categoria “Barman Professionisti” del 12° Trofeo Internazionale “Calvados Nouvelle Vogue”, svoltosi a Deauville, in Normandia. Questo concorso, che ha visto aderire all’edizione di quest’anno 73 partecipanti di 13 Paesi diversi, ha fin dalla sua nascita l’obiettivo istituzionale di promuovere l’utilizzo nel bere miscelato del Calvados (la storica, pregiata acquavite normanna ottenuta dalla lavorazione delle mele locali). Samuele Ambrosi, che presta servizio presso il bar “Sporting” di Caorle (Venezia), ha trionfato nella categoria più importante del Trofeo, quella riservata ai “Barman Professionisti”; la sua ricetta vincente, chiamata Sous le Soleil de Normandie, è così composta:
3,5 cl. di Calvados;
1,5 cl. di Aperol;
2 cl. di purea di lampone;
6 cl. di succo fresco d’ananas;
2 cl. di Grand Marnier;
elaborazione con lo shaker. Nelle altre due categorie internazionali del Trofeo, quella “Allievi Barman” e quella “Giornalisti” (anche la stampa si è cimentata al bancone!), hanno conseguito il primo posto, rispettivamente, la norvegese Silje Takle, con il cocktail Eng – Ler, e il francese Gérard Houdou, con il cocktail Tentation.
Per l’Italia, quello di Deauville è un altro riconoscimento professionale molto prestigioso a livello mondiale; è inoltre uno stimolo puntuale e creativo per sviluppare l’utilizzo in miscelazione del Calvados, il distillato di mele A.O.C. (Appellation d’Origine Contrôlée) che nel nostro Paese ha ancora una diffusione limitata, ma che gradualmente continua a crescere da oltre 15 anni.
da: comunicati-stampa.net

giovedì 15 maggio 2008

'grappa' definita 'prodotto agroalimentare tradizionale

AOSTA, 14 MAG - Con una deliberazione della Giunta regionale della Valle d'Aosta (la numero 935 del 3 aprile 2008) la 'grappa' e' stata definita 'prodotto agroalimentare tradizionale della Valle d'Aosta'. Lo ha comunicato l'amministrazione regionale. Inoltre, con lo stesso atto, che porta a trenta il numero dei prodotti ufficialmente riconosciuti come 'tradizionali', e' stato disposto l'invio della scheda identificativa della grappa al Ministero delle politiche agricole e forestali, ''per il suo inserimento nell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali''. Il processo tecnico-amministrativo che ha portato a tale riconoscimento sara' illustrato a giornalisti e operatori enogastronomici venerdi' 16 maggio, alle 16, nella sala del vivaio regionale 'Abbe' Henry' di Quart.
da: ansa.it

lunedì 12 maggio 2008

I primi cinquant’anni della Savio di Châtillon. Dal caffè alla vodka

Châtillon - “Fare impresa in Valle d’Aosta non è semplice - dice l’amministratore delegato, Marco Savio - e negli anni Novanta abbiamo valutato l’ipotesi di trasferirci nella zona di Parma, dove è più facile trovare professionalità specializzate”.
Dal caffè al génépi, dallo zucchero alla vodka. E’ questa la storia della Savio di Châtillon, ditta specializzata in distillati che oggi conta 20 dipendenti, 20 milioni di euro di fatturato, due sedi in Italia - una in media Valle e l’altra a Milano - una alle Canarie e una in Lettonia.
La ditta fondata da Paolino Savio il 1° maggio prossimo compie cinquant’anni da quando, nel 1958, veniva completata la prima tostatura di caffè. Solo nel 1966 inizia la produzione del tradizionale génépi.

Oggi, però, la torrefazione è marginale rispetto al resto della produzione - spiega l’amministratore delegato dell’azienda, Marco Savio - e nel 1998 abbiamo acquisito il contratto per la distribuzione delle vodke russe Moskovskaya e Stolichnaya. Questo ha permesso anche al nostro génépi di penetrare nella grande distribuzione, in circuiti come quelli di Carrefour, Coop, Metro”.

Mezzo secolo di attività nella nostra regione che però nasconde anche qualche aspetto amaro. “Fare impresa in Valle d’Aosta non è semplice - ci tiene a sottolineare l’ad Marco Savio - e negli anni Novanta abbiamo addirittura valutato l’ipotesi di trasferirci nella zona di Parma, dove la logistica e i costi di trasporto sono inferiori e dove è più facile trovare professionalità specializzate”. Il rischio di un trasferimento, infatti, si era presentato nel 1990 quando furono acquistati alcuni terreni edificabili a Saint-Vincent. “A progetti fatti - dice Savio - la Sovrintendenza bloccò la zona come probabile passaggio della strada delle Gallie. Da lì la decisione di trasferirci in Emila Romagna. Ma poi sono prevalsi i sentimenti e oggi siamo ancora in Valle”.

Fra le altre inziative, la Savio ha in programma il lancio di un nuovo prodotto. Un génépi messo in infusione pochi minuti dopo la raccolta della pianta in montagna: un procedimento che consente di conservare molti più aromi rispetto alla lavorazione normale.
da: aostasera.it

martedì 6 maggio 2008

L'arte del gusto si impara mangiando i prodotti locali

Lo conoscono tutti ma in pochi saprebbero distinguere una etichetta dall'altra. Eppure il Marsala è il vino liquoroso più diffuso in Italia, che ha scontato una notorietà legata forse a troppi stereotipi e luoghi comuni e poco alla sue potenzialità. Perché il Marsala non è soltanto il vino classico della «meditazione», ideale da bere davanti ad un caminetto acceso oppure per scaldare l'ambiente in una serata conviviale. È una miscela di sapori e odori esplosiva ricavata da uve a bacca bianca (che a seconda delle varie aggiunte conferiscono al liquore le tonalità dell'oro, dell'ambra e del rubino), poi lasciato invecchiare alcuni anni in botti di rovere. Il Marsala diventa «i Marsala» nel momento in cui il suo eclettismo e la sua versatilità lo trasformano, a seconda delle occasioni, in vino da accompagnamento di cibi a tavola, «semplice» aperitivo o liquore da dessert.
Ideale con i sapori forti: abbinato a formaggi come gorgonzola, caciocavallo ragusano, parmigiano reggiano, è capace di sprigionare la sua essenza, ma anche con zuppe di crostacei, la qualità Marsala Vergine in questo senso eccelle, con pesce affumicato o bottarga di tonno, con selvaggina o filetto, intensamente speziati e aromatici. E per finire con i dolci più «dolci»: tra tutti le profumate insalate di fragole o fragoline, di pesca bianca, di melone cantalupo di Paceco, solo però se il marsala è Superiore Dolce. In poche parole il Marsala sta bene insieme ai formaggi, alla carne, al pesce mentre da chi lo consuma abitualmente, stando alle ultime ricerche, viene preferito (e non sempre a ragione) come fine pasto al momento del dolce.
Fa parte di quei luoghi comuni, o sarebbe meglio dire abitudini consolidate, che ne hanno fatto conoscere fino ad oggi poco le sue caratteristiche. In genere chi beve Marsala dice di apprezzarne soprattutto il profumo che ricorda la terra da cui ha origine, la Sicilia; solo una minima parte, però, saprebbe distinguere un Marsala da un altro e narrare la sua storia. Che è quella di un vino scoperto per caso (come del resto il più delle volte accade per le «grandi» scoperte).
Inventore ne fu il commerciante inglese John Woodhouse che veleggiava nel 1773 attraverso il Canale di Sicilia alla ricerca di particolari ceneri per la sua fabbrica di saponi a Liverpool. Una tempesta lo costrinse ad attraccare a Marsala. In cerca di un'osteria per far ristorare il suo equipaggio, fu subito conquistato dal gusto deciso del vino di quelle terre che era fatto invecchiare in grandi botti di legno. Il fiuto per i grandi affari portò Woodhouse a caricare sul suo brigantino Elizabeth, diretto in Inghilterra, un campione del vino di Marsala (o Sicilian Sherry) e per proteggerlo dagli sbalzi di temperatura e dall'umidità del lungo viaggio, vi aggiunse acquavite da vino: nacque così il Marsala che conosciamo oggi.
Da necessità, dunque, la virtù del vino liquoroso destinato poi, attraverso gli inglesi, a diventare famoso in tutto il mondo. Oggi il Marsala punta a creare straordinarie occasioni di incontro con il consumatore e a riscattarsi dal confinamento a stereotipati luoghi comuni.
Il Consorzio Volontario del Vino Marsala D.O.C. (che dal 1963 associa la quasi totalità delle aziende produttrici ed è il solo a poter legittimamente rappresentare la d.o.c. Marsala), ha scelto di pianificare una campagna di comunicazione su uno dei prodotti più affascinanti e versatili della Sicilia facendo del Vinitaly la prima, importante tappa di questo progetto per un ritorno in grande stile. Mentre i segreti del Marsala doc vengono svelati direttamente dai produttori. Il territorio della città siciliana, maggior centro di produzione vinicola della provincia, sta vivendo un boom dell'enoturismo legato al suo prezioso nettare: la maggior parte delle cantine consorziate provvede all'ospitalità degli amanti del vino ai quali ne spiega metodo di produzione, storia e cultura. Disseminati nelle campagne, a grande distanza dai centri abitati, sono ancora visibili i «bagli», alcuni magistralmente restaurati e sedi all'avanguardia per i tradizionali metodi di produzione del vino: luoghi fortificati, simbolo del latifondo produttivo, i bagli hanno assicurato lo svolgimento del lavoro nei campi al riparo da ogni disturbo esterno fin dal XVII secolo. Oggi rappresentano un raro esempio di archeologia naturale di gran valore.
da: iltempo.it

Neive - L'addio a Romano Levi, il grappaiolo angelico

A Neive i funerali dell'artista celebre per le sue grappe

Neive - La prima grappa la distillò nel 1945, ad appena 17 anni: la fama arrivò a partire dal 1971, quando Luigi Veronelli lo scoprì, consacrandolo con un articolo su “Epoca” intitolato “L’aristocrazia delle acqueviti”. Avrebbe compiuto 80 anni il prossimo 24 novembre, ma si è spento nella notte fra giovedì e venerdì scorsi: Romano Levi era andato a trovare l’amata sorella Lidia presso la casa di riposo di Neive, quando è stato stroncato da un infarto.
Personaggio schivo e riservato, silenzioso piccolo grande uomo, poeta delicato, artista naif, nella sua disarmante semplicità, artigiano capace, langarolo doc: molte anime convivevano nel “grappaiolo angelico”, uomo concreto, ma capace di volare alto, come i suoi angeli con un’ala sola, che possono solcare il cielo ma devono rimanere abbracciati.
La grappa la produceva con il metodo “antico”, con il fuoco diretto sotto la caldaia in rame, in cui stavano vinacce (dolcetto, barbera, nebbiolo) ed acqua; di fianco gli alambicchi. Poi le bottiglie, ciascuna un’opera d’arte, autentici capolavori, col tappo in sughero, che non spingeva fino in fondo, e le etichette, vergate a mano, disegnate con inchiostro di china e matite colorate.
Aveva imparato a farla da solo, ereditando gli alambicchi del padre, quando morì sua madre, al termine della guerra: «Ho semplicemente accontentato il destino», aveva confidato a Luigi Sugliano, autore due anni fa di un bel volume (con le fotografie di Bruno Murialdo).
Quasi si sprecano gli aneddoti sulle sue bottiglie: da quelle consegnate agli uomini della scorta di Siniscalco, con l’ex ministro rimasto a secco, a quella del moscerino che è volato via, alle sue celeberrime donne selvatiche che scavalicano le colline.
La chiesa di San Giuseppe di Borgo Nuovo gremita per i funerali, sabato scorso, per l’ultimo saluto all’uomo: la sua arte e la sua grappa, invece, vivranno per sempre.

da: grandain.com