Davide Scabin si sente come letto nel pensiero: «Dice sul serio? L’Epat e l’Aci vogliono davvero offrire ai clienti dei ristoranti il taxi? Ma mi hanno rubato l’idea. Lo sa che io sto lavorando al menu-driver?».
Che cos’è questo «menu driver»?
«E’ un’idea cui stiamo lavorando da qualche tempo. Abbiamo intenzione di offrire la cena a chi arriva al ristorante in cinque. Insomma, pagano in quattro e il quinto, il driver, quello che avrà il compito di portare tutti a casa, sani e salvi, gli offro io la cena. Il patto è che il driver non deve bere niente di alcolico: ha davanti a sé un lunghissimo bicchiere blu che viene rigorosamente riempito di sola acqua. Può scegliere fra diverse marche, ma non una goccia di vino».
Perché il quinto non paga?
Potevamo fare il sesto, ma ci vuole necessariamente la Multipla per trasportare tutte quelle persone...».
Quindi la proposta del presidente Nebiolo, maturata in accordo con l’Aci, le piace.
«Se mi piace? La trovo geniale. Era ora che qualcuno ci pensasse. Prima di tutto così si convince la gente a consumare di nuovo il vino senza angosce, secondo si convincono i cittadini torinesi a familiarizzare con le auto pubbliche».
Perché i torinesi, secondo lei, hanno qualche problema con i taxi?
«Sì, certamente: si vergognano. Ma diciamola meglio. Essendo gente patita dell’understatement ha un certo pudore a utilizzare questo mezzo pubblico. Non sono pochi infatti, coloro che si fanno lasciare qualche centinaio di metri prima del portone di casa, per non dare nell’occhio».
Torniamo al consumo dell’alcol a tavola. Anche lei ha riscontrato un crollo delle richieste da quando l’etilometro fa più paura?
«Crollo è una parola riduttiva. Nel mio ristorante non solo accade che le bottiglie di vino vengano centellinate. Ma i super-alcolici restano nelle loro bottiglie. Nessuno conclude più il pasto con un buon whisky o una grappa. Temono che sia sufficiente per sancire il ritiro della patente».
da: la stampa.it
Che cos’è questo «menu driver»?
«E’ un’idea cui stiamo lavorando da qualche tempo. Abbiamo intenzione di offrire la cena a chi arriva al ristorante in cinque. Insomma, pagano in quattro e il quinto, il driver, quello che avrà il compito di portare tutti a casa, sani e salvi, gli offro io la cena. Il patto è che il driver non deve bere niente di alcolico: ha davanti a sé un lunghissimo bicchiere blu che viene rigorosamente riempito di sola acqua. Può scegliere fra diverse marche, ma non una goccia di vino».
Perché il quinto non paga?
Potevamo fare il sesto, ma ci vuole necessariamente la Multipla per trasportare tutte quelle persone...».
Quindi la proposta del presidente Nebiolo, maturata in accordo con l’Aci, le piace.
«Se mi piace? La trovo geniale. Era ora che qualcuno ci pensasse. Prima di tutto così si convince la gente a consumare di nuovo il vino senza angosce, secondo si convincono i cittadini torinesi a familiarizzare con le auto pubbliche».
Perché i torinesi, secondo lei, hanno qualche problema con i taxi?
«Sì, certamente: si vergognano. Ma diciamola meglio. Essendo gente patita dell’understatement ha un certo pudore a utilizzare questo mezzo pubblico. Non sono pochi infatti, coloro che si fanno lasciare qualche centinaio di metri prima del portone di casa, per non dare nell’occhio».
Torniamo al consumo dell’alcol a tavola. Anche lei ha riscontrato un crollo delle richieste da quando l’etilometro fa più paura?
«Crollo è una parola riduttiva. Nel mio ristorante non solo accade che le bottiglie di vino vengano centellinate. Ma i super-alcolici restano nelle loro bottiglie. Nessuno conclude più il pasto con un buon whisky o una grappa. Temono che sia sufficiente per sancire il ritiro della patente».
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